«Apri il cuore dei giovani alla chiamata del Signore
e fa’ che lo seguano con coraggio e fedeltà».
Dopo
aver affidato a Maria la Chiesa, l’atto di affidamento ci invita a pregare per
i giovani: la «parte di eredità» (Sal 15,5) che Dio affida in modo particolare
alle nostre cure. Ricordandoli alla Vergine Madre, chiediamo subito per loro la
cosa che più conta: che essi possano accogliere la chiamata di Dio e
corrispondervi in pienezza, così come ha fatto Maria.
Don Bosco era fermamente convinto,
lo scrive nelle sue Memorie, che «dalla scelta dello stato ordinariamente
dipende l’eterna salvezza o l’eterna perdizione». Con un linguaggio un po’
distante dalla sensibilità contemporanea, il nostro Fondatore esprimeva una
grande verità: ogni essere umano è chiamato, fin dal grembo materno, a
collaborare in modo unico e personale con Dio per la salvezza del mondo (Ger
1,5). Per questo, il modo migliore per aiutare i giovani ad essere «felici nel
tempo e nell’eternità», consiste proprio nell’accompagnarli nella scoperta
della propria vocazione. Se tutti sono chiamati, il discernimento vocazionale
non può essere un privilegio riservato ai bravi ragazzi. Certo, il cammino deve
essere diverso per ognuno, poiché per ognuno sono diversi sia il punto di
arrivo che il punto di partenza, ma, nonostante questo, ogni giovane ha il
diritto di sentirsi dire che è amato da Dio in modo unico e personale e che,
come ogni innamorato, Dio desidera essere ricambiato.
La
strada ordinaria, su cui condurre i giovani ad incontrare il Signore che chiama,
consiste nell’introdurli all’ascolto della Parola. Lo insegna la Chiesa, che,
tradizionalmente, rappresenta Maria che riceve l’annuncio dell’Angelo mentre si
trova in preghiera, immersa nella meditazione della Scrittura. Imparare a
pregare con la Parola è anche il modo più sicuro per imparare, gradualmente, a
riconoscere Dio che parla negli avvenimenti della vita. La fatica che possiamo
incontrare nel proporre ai giovani questo cammino non deve farci dubitare del fatto
che Egli desidera e attende questo impegno da noi. Più ci faremo esperte
ascoltatrici della Parola, più saremo capaci di discernere, caso per caso, le
modalità più adatte ad aprire alla preghiera il cuore dei giovani (cf R 25).
Su
questo punto, le Costituzioni sono molto esigenti: la meditazione deve essere
il «momento forte» del nostro dialogo quotidiano con Gesù «Parola di Verità e
di Vita» (C 39). Per essere fedeli a questo incontro, è necessario avere il
coraggio di lasciarsi spiazzare dalla Parola, proprio come è capitato tante volte a Maria a
causa delle parole e dei gesti di Gesù (Lc 2,48). La Parola di Dio è «dolce come
il miele» (Ez 3,3), ma è anche tagliente come una «spada a doppio taglio» (Eb
4,12). Bisogna, inoltre, lasciarsi condurre dallo Spirito anche nel «deserto»
(Os 2,16), imparando a sostenere e interpretare i momenti di aridità, senza
cedere alla tentazione di sfuggire – sostituendolo con la lettura o con altre
preghiere – alla fatica dell’incontro con la Parola.
Con
l’aiuto dell’articolo 39 delle Costituzioni, verifichiamo l’autenticità del
nostro amore alla Parola, nella consapevolezza che più cresciamo nella docilità
ad essa, più saremo capaci di essere ausiliatrici dell’incontro tra Cristo e i
giovani.