venerdì 30 settembre 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

34."NEL MISTERO DELLA VISITAZIONE

IL PRELUDIO DELLA MISSIONE DEL SALVATORE "

Mercoledì, 2 Ottobre 1996

1. Nell’episodio della Visitazione san Luca mostra come la grazia dell’Incarnazione, dopo aver
inondato Maria, rechi salvezza e gioia alla casa di Elisabetta. Il Salvatore degli uomini, racchiuso
nel grembo di sua Madre, effonde lo Spirito Santo, manifestandosi fin dall’inizio della sua venuta
nel mondo. Descrivendo la partenza di Maria per la Giudea, l’evangelista usa il verbo "anístemi",
che significa "alzarsi", "mettersi in movimento". Considerando che tale verbo viene adoperato nei
Vangeli per indicare la resurrezione di Gesù (Mc 8,31; 9,9.31; Lc 24,7.46) o azioni materiali che
comportano uno slancio spirituale (Lc 5,27-28; 15,18.20), possiamo supporre che Luca voglia
sottolineare, con questa espressione, lo slancio vigoroso che conduce Maria, sotto l’ispirazione
dello Spirito Santo, a donare al mondo il Salvatore.
2. Il testo evangelico riferisce, altresì, che Maria compie il viaggio "in fretta" (Lc 1,39).Anche la
notazione "verso la montagna" (Lc 1,39), nel contesto lucano, appare molto di più che una semplice
indicazione topografica, poiché fa pensare al messaggero della buona novella descritto nel Libro di
Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace,
messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: "Regna il tuo Dio"" (Is 52,7). Come
fa san Paolo, che riconosce il compimento di tale testo profetico nella predicazione del Vangelo
(Rm 10,15), anche san Luca sembra invitare a vedere in Maria la prima "evangelista", che diffonde
la "buona notizia", dando inizio ai viaggi missionari del divin Figlio. Particolarmente significativa,
infine, è la direzione del viaggio della Vergine Santissima: sarà dalla Galilea alla Giudea, come il
cammino missionario di Gesù (cf. 9,51). Infatti, con la visita ad Elisabetta, Maria realizza il
preludio della Missione di Gesù e, collaborando sin dall’inizio della sua maternità all’opera
redentrice del Figlio, diventa il modello di coloro che nella Chiesa si pongono in cammino per
recare la luce e la gioia di Cristo agli uomini di ogni luogo e di ogni tempo.
3. L’incontro con Elisabetta riveste i caratteri di un gioioso evento salvifico che supera il sentimento
spontaneo della simpatia familiare. Là dove l’imbarazzo dell’incredulità pare concretizzarsi nel
mutismo di Zaccaria, Maria irrompe con la gioia della sua fede pronta e disponibile: "Entrata nella
casa di Zaccaria, salutò Elisabetta" (Lc 1,40). San Luca riferisce che "appena Elisabetta ebbe udito
il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo" (Lc 1,41). Il saluto di Maria suscita nel figlio
di Elisabetta un sussulto di gioia: l’ingresso di Gesù nella casa di Elisabetta, ad opera della Madre,
porta al nascituro profeta quella letizia che l’Antico Testamento annuncia come segno della
presenza del Messia. Al saluto di Maria, la gioia messianica investe anche Elisabetta che "fu piena
di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo
grembo!"" (Lc 1,41-42). In virtù di un’illuminazione superiore, ella comprende la grandezza di
Maria che, più di Giaele e di Giuditta, sue prefigurazioni nell’Antico Testamento, è benedetta fra le
donne, a causa del frutto del suo grembo, Gesù, il Messia.
4. L’esclamazione di Elisabetta, fatta "a gran voce", manifesta un vero entusiasmo religioso, che la
preghiera dell’Ave Maria continua a far risuonare sulle labbra dei credenti, quale cantico di lode
della Chiesa per le grandi opere realizzate dall’Altissimo nella Madre del suo Figlio. Proclamandola
"benedetta fra le donne", Elisabetta addita il motivo della beatitudine di Maria nella sua fede: "E
beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). La grandezza e la
gioia di Maria hanno origine dal fatto che ella è colei che crede. Di fronte all’eccellenza di Maria,
Elisabetta comprende anche quale onore costituisca per lei la sua visita: "A che debbo che la madre
del mio Signore venga a me?" (Lc 1,43). Con l’espressione "mio Signore" Elisabetta riconosce la
dignità regale, anzi messianica, del Figlio di Maria. Nell’Antico Testamento, infatti, questa
espressione veniva usata per rivolgersi al re (cf. 1Re 1,13.20,21 ecc.) e per parlare del Re-Messia
(Sal 110,1).Di Gesù, l’angelo aveva detto: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre"
(Lc 1,32). "Piena di Spirito Santo", Elisabetta ha la stessa intuizione. Più tardi, la glorificazione
pasquale di Cristo rivelerà in che senso questo titolo sia da intendersi, in un senso, cioè,
trascendente (cf. Gv 20,28; At 2,34-36). Con la sua esclamazione ammirativa, Elisabetta ci invita ad
apprezzare tutto ciò che la presenza della Vergine reca in dono alla vita di ogni credente. Nella
Visitazione la Vergine porta alla madre del Battista il Cristo, che effonde lo Spirito Santo. Tale
ruolo di mediatrice viene ben evidenziato dalle parole stesse di Elisabetta: "Ecco, appena la voce
del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo" (Lc 1,44).
L’intervento di Maria produce, con il dono dello Spirito Santo, quasi un preludio della Pentecoste,
confermando una cooperazione che, iniziata con l’Incarnazione, è destinata ad esprimersi in tutta
l’opera della divina salvezza.

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