«Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, noi ci
affidiamo a te
per poter vivere totalmente
disponibili a Dio per la redenzione del mondo».
L’incipit dell’atto di affidamento ci
mette di fronte all’orizzonte ampio della nostra missione: collaborare con Dio
alla redenzione del mondo. Siamo invitate così, ogni mattina, a metterci subito
nel posto che Dio ha preparato per noi: al fianco di Maria, ai piedi della
croce. È ai piedi della croce, infatti, che Maria diviene nostra Madre (Gv
19,26-27). Ai piedi della croce anche il nostro grembo vergine viene reso
fecondo dal dono di Dio.
La
croce è il momento più alto della missione di Gesù: è sulla croce che egli
porta a compimento la sua opera. Tutto ciò che viene prima – l’incarnazione, la
predicazione, le guarigioni – è preparazione alla croce. Ciò che viene dopo –
la resurrezione, l’effusione dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa – è
frutto della sua dedizione senza condizioni. Dalla croce Gesù estende
l’abbraccio misericordioso del Padre a tutta l’umanità, vicini e lontani,
vincendo una volta per tutte la morte ed aprendo a tutti la porta del Cielo (cf
Deus caritas est 12).
Serenità
del cuore e fecondità pastorale nascono dunque entrambe da una profonda
comunione di sentimenti e di intenti con Gesù: solo se siamo unite a Lui «i
pesi diventeranno leggeri, le fatiche soavi, le spine si convertiranno in
dolcezze… Ma dovete vincere voi stesse, se no tutto diventa insoffribile e le
malignità, come le pustole, risorgeranno nel nostro cuore» (L 22,21). Questo è
il progetto di vita che abbiamo abbracciato nella nostra Professione, con tanto
entusiasmo e, forse, un po’ di inconsapevolezza. Neppure Maria sapeva, nella
stanzetta di Nazaret, che il suo sì l’avrebbe condotta al Calvario, ma lungo
tutta la vita non si è mai stancata di perseverare nella fede, accogliendo,
momento per momento, le gioie ed i dolori in cui veniva coinvolta da Gesù.
Nella nostra vita
quotidiana, tante piccole o grandi occasioni di completare nella nostra carne
«quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la
Chiesa» (Col 1,24), rischiano di andare sprecate perché il Signore non ci trova
pronte ad accogliere dalle sue mani neanche una sola spina della sua corona. A
volte immaginiamo di poter morire martiri per la fede, ma non riusciamo ad
accogliere un imprevisto che scombina i nostri piani…
Un piccolo «esercizio
spirituale» per rinnovare concretamente la disponibilità a collaborare alla
redenzione del mondo: nella preghiera del mattino offro al Signore, con l’aiuto
di Maria, la disponibilità ad accogliere con amore – senza perdere la pazienza,
senza ribellarmi – le piccole o grandi spine che lungo la giornata verranno. Sullo
stesso punto mi verifico alla sera facendo l’esame di coscienza.
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