sabato 9 luglio 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

27."IL PROPOSITO DI VERGINITA’"

Mercoledì, 24 luglio 1996

1. All’angelo che le annuncia il concepimento e la nascita di Gesù, Maria rivolge una domanda:
"Come avverrà questo? Non conosco uomo" (Lc 1,34). Un tale quesito risulta, a dir poco,
sorprendente se andiamo con la mente ai racconti biblici che riportano l’annuncio di una nascita
straordinaria ad una donna sterile. In quei casi si tratta di donne sposate, naturalmente sterili, alle
quali il dono del figlio è offerto da Dio attraverso la normale vita coniugale (cf. 1Sam 1,19-20), in
risposta ad accorate preghiere (cf. Gen 15,2; 30,22-23; 1Sam 1,10; Lc 1,13). Diversa è la situazione
in cui Maria riceve l’annuncio dell’angelo. Ella non è una donna maritata che abbia problemi di
sterilità; per scelta volontaria intende restare vergine. Questo suo proposito di verginità, frutto di
amore per il Signore, sembra, quindi, costituire un ostacolo alla maternità annunciata. A prima vista
le parole di Maria sembrerebbero esprimere soltanto il suo stato presente di verginità: Maria
affermerebbe di non "conoscere" uomo, cioè di essere vergine. Tuttavia il contesto nel quale viene
posta la domanda "come avverrà questo?" e l’affermazione seguente "non conosco uomo", mettono
in evidenza sia l’attuale verginità di Maria, sia il suo proposito di rimanere vergine. L’espressione
da lei usata, con la forma verbale al presente, lascia trasparire la permanenza e la continuità del suo
stato.
2. Facendo presente questa difficoltà, Maria, lungi dall’opporsi al progetto divino, manifesta
l’intenzione di adeguarvisi totalmente. Del resto, la fanciulla di Nazaret è vissuta sempre in piena
sintonia con la volontà divina ed ha optato per una vita verginale nell’intento di piacere al Signore.
In realtà il suo proposito di verginità la disponeva ad accogliere il volere divino "con tutto il suo
"io" umano, femminile, ed in tale risposta di fede erano contenute una perfetta cooperazione con la
grazia di Dio, che previene e soccorre, ed una perfetta disponibilità all’azione dello Spirito Santo"
(Redemptoris Mater, 13). Ad alcuni, le parole e intenzioni di Maria sono apparse inverosimili,
poiché nell’ambiente giudaico la verginità non era ritenuta un valore, né un ideale da perseguire. Gli
stessi scritti dell’Antico Testamento lo confermano in taluni noti episodi ed espressioni. Nel libro
dei Giudici, ad esempio, si narra della figlia di Iefte che, dovendo affrontare la morte mentre è
ancora una ragazza non maritata, piange la sua verginità, cioè si rammarica di non essersi potuta
sposare (Gdc 11,38). Il matrimonio, inoltre, in virtù del precetto divino: "Siate fecondi e
moltiplicatevi" (Gen 1,28), è considerato come la naturale vocazione della donna, che comporta le
gioie e le sofferenze proprie della maternità.
3. Per meglio comprendere il contesto in cui matura la decisione di Maria, occorre tener presente
come, nel tempo che precede immediatamente l’inizio dell’era cristiana, in alcuni ambienti giudaici
si comincia a manifestare un certo orientamento positivo verso la verginità. Ad esempio, gli Esseni,
dei quali sono state ritrovate numerose ed importanti testimonianze storiche a Qumran, vivevano nel
celibato o limitavano l’uso del matrimonio, a motivo della vita comune e della ricerca di una
maggiore intimità con Dio. In Egitto, inoltre, esisteva una comunità di donne che, in collegamento
con la spiritualità essena, osservavano la continenza. Tali donne, le Terapeute, appartenenti a una
setta descritta da Filone Alessandrino (De Vita Contemplativa, 21-90), si dedicavano alla
contemplazione e ricercavano la sapienza. Non sembra che Maria sia venuta a conoscenza di questi
gruppi religiosi giudaici che praticavano l’ideale del celibato e della verginità. Ma il fatto che
Giovanni Battista vivesse probabilmente una vita celibataria, e che nella comunità dei suoi discepoli
questa fosse tenuta in alta considerazione, potrebbe far supporre che anche il proposito verginale di
Maria rientri in tale nuovo contesto culturale e religioso.
4. La straordinaria vicenda della Vergine di Nazaret non deve però farci cadere nell’errore di legare
completamente le sue disposizioni intime alla mentalità dell’ambiente, svuotando l’unicità del
mistero avvenuto in lei. In particolare, non dobbiamo dimenticare che Maria aveva ricevuto,
dall’inizio della sua vita, una grazia sorprendente riconosciutale dall’angelo al momento
dell’Annunciazione. "Piena di grazia" (Lc 1,28), Maria fu arricchita di una perfezione di santità che,
secondo l’interpretazione della Chiesa, risale al primo momento della sua esistenza: il privilegio
unico dell’Immacolata concezione ha esercitato un influsso su tutto lo sviluppo della vita spirituale
della giovane donna di Nazaret. Si deve dunque ritenere che a guidare Maria verso l’ideale della
verginità è stata un’ispirazione eccezionale di quello stesso Spirito Santo che, nel corso della storia
della Chiesa, spingerà tante donne sulla via della consacrazione verginale. La presenza singolare
della grazia nella vita di Maria, porta a concludere per un impegno della giovane nella verginità.
Colma di doni eccezionali del Signore dall’inizio della sua esistenza, ella è orientata ad una
dedizione di tutta se stessa - anima e corpo - a Dio nell’offerta verginale. Inoltre, l’aspirazione alla
vita verginale era in armonia con quella "povertà" dinanzi a Dio, a cui l’Antico Testamento
attribuisce un grande valore. Impegnandosi pienamente in questa via, Maria rinuncia anche alla
maternità, ricchezza personale della donna, tanto apprezzata in Israele. In tal modo "Ella primeggia
tra gli uomini e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza" (LG
55). Ma, presentandosi a Dio come povera, e mirando ad una fecondità solo spirituale, frutto
dell’amore divino, al momento dell’Annunciazione Maria scopre che la sua povertà è trasformata
dal Signore in ricchezza: Ella sarà la Madre Vergine del Figlio dell’Altissimo. Più tardi scoprirà
anche che la sua maternità è destinata ad estendersi a tutti gli uomini che il Figlio è venuto a salvare
(cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 501).

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