sabato 2 luglio 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

26. "LA VERGINITA’ DI MARIA, VERITA’ DI FEDE"

Mercoledì, 10 luglio 1996

1. La Chiesa ha costantemente ritenuto la verginità di Maria una verità di fede, accogliendo ed
approfondendo la testimonianza dei Vangeli di Luca, di Matteo e, probabilmente, anche di
Giovanni. Nell’episodio dell’Annunciazione, l’evangelista Luca chiama Maria "vergine", riferendo
sia della sua intenzione di perseverare nella verginità come del disegno divino che concilia tale
proposito con la sua prodigiosa maternità. L’affermazione del concepimento verginale, dovuto
all’azione dello Spirito Santo, esclude ogni ipotesi di partenogenesi naturale e rigetta i tentativi di
spiegare il racconto lucano come esplicitazione di un tema giudaico o come derivazione di una
leggenda mitologica pagana. La struttura del testo lucano (cf. Lc 1,26-38; 2,19.51) resiste ad ogni
interpretazione riduttiva. La sua coerenza non permette di sostenere validamente mutilazioni dei
termini o delle espressioni che affermano il concepimento verginale operato dallo Spirito Santo.
2. L’evangelista Matteo, riferendo l’annuncio dell’angelo a Giuseppe, afferma al pari di Luca il
concepimento operato "dallo Spirito Santo" (Mt 1,20), con esclusione di relazioni coniugali. La
generazione verginale di Gesù, inoltre, è comunicata a Giuseppe in un secondo momento: non si
tratta per lui di un invito a dare un assenso previo al concepimento del Figlio di Maria, frutto
dell’intervento soprannaturale dello Spirito Santo e della cooperazione della sola madre. Egli è
soltanto chiamato ad accettare liberamente il suo ruolo di sposo della Vergine e la missione paterna
nei riguardi del bambino. Matteo presenta l’origine verginale di Gesù come compimento della
profezia di Isaia: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi" (Mt 1,23; cf. Is 7,14). In tal modo Matteo porta a concludere che il
concepimento verginale è stato oggetto di riflessione nella prima comunità cristiana, che ne ha
compreso la conformità al disegno divino di salvezza e il nesso con l’identità di Gesù, "Dio con
noi".
3. A differenza di Luca e di Matteo, il Vangelo di Marco non parla del concepimento e della nascita
di Gesù; tuttavia, è degno di nota che Marco non menzioni mai Giuseppe, sposo di Maria. Gesù è
chiamato "il figlio di Maria" dalla gente di Nazaret oppure, in altro contesto, "il Figlio di Dio" a più
riprese (Mc 3,11; 5,7; cf. 1,1.11; 9,7; 14,61-62; 15,39). Questi dati sono in armonia con la fede nel
mistero della sua generazione verginale. Tale verità, secondo una recente riscoperta esegetica,
sarebbe esplicitamente contenuta anche nel versetto 13 del Prologo del Vangelo di Giovanni, che
alcune autorevoli voci antiche (ad esempio, Ireneo e Tertulliano) presentano, non nella usuale forma
plurale, ma al singolare: "Lui, che non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da
Dio fu generato". Questa versione al singolare farebbe del Prologo giovanneo una delle maggiori
attestazioni della generazione verginale di Gesù, inserita nel contesto del mistero dell’Incarnazione.
L’affermazione paradossale di Paolo: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo
Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l’adozione a figli" (Gal 4,4-5), apre la via
all’interrogativo circa la personalità di tale Figlio e quindi circa la sua nascita verginale. Questa
uniforme testimonianza dei Vangeli attesta come la fede nel concepimento verginale di Gesù sia
saldamente radicata in diversi ambienti della Chiesa primitiva. E ciò destituisce di ogni fondamento
alcune interpretazioni recenti, che intendono il concepimento verginale in senso non fisico o
biologico, ma soltanto simbolico o metaforico: esso designerebbe Gesù come dono di Dio
all’umanità. La stessa cosa va detta per l’opinione avanzata da altri, secondo i quali il racconto del
concepimento verginale sarebbe invece un theologoumenon, cioè un modo di esprimere una
dottrina teologica, quella della filiazione divina di Gesù, o sarebbe una sua rappresentazione
mitologica. Come abbiamo visto, i Vangeli contengono l’esplicita affermazione di un concepimento
verginale di ordine biologico, operato dallo Spirito Santo, e tale verità è stata fatta propria dalla
Chiesa fin dalle prime formulazioni della fede (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 496).
4. La fede espressa nei Vangeli viene confermata, senza interruzioni, nella tradizione successiva. Le
formule di fede dei primi autori cristiani postulano l’asserzione della nascita verginale: Aristide,
Giustino, Ireneo, Tertulliano convengono con sant’Ignazio d’Antiochia, che proclama Gesù
"veramente nato da una vergine" (Smirn., 1,2). Questi autori intendono parlare di una reale e storica
generazione verginale di Gesù, e sono lontani dall’affermare una verginità solo morale o un vago
dono di grazia, manifestatosi nella nascita del bambino. Le solenni definizioni di fede dei Concili
ecumenici e del Magistero Pontificio, che fanno seguito alle prime brevi formule di fede, sono in
perfetta consonanza con tale verità. Il Concilio di Calcedonia (451), nella sua professione di fede,
accuratamente redatta e dal contenuto infallibilmente definito, afferma che Cristo è stato "generato
[…] secondo l’umanità, negli ultimi giorni, per noi e per la nostra salvezza, da Maria Vergine,
Madre di Dio" (DS 301). Allo stesso modo il III Concilio di Costantinopoli (681) proclama che
Gesù Cristo è stato "generato […] secondo l’umanità, dallo Spirito Santo e da Maria Vergine, colei
che è propriamente e in tutta verità Madre di Dio" (DS 555). Altri Concili ecumenici
(Costantinopolitano II, Lateranense IV e Lionese II) dichiarano Maria "sempre vergine",
sottolineandone la verginità perpetua (DS 423, 801, 852). Tali affermazioni sono state riprese dal
Concilio Vaticano II, evidenziando il fatto che Maria "per la sua fede e la sua obbedienza... generò
sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza conoscere uomo, ma sotto l’ombra dello Spirito Santo"
(LG 63). Alle definizioni conciliari vanno poi aggiunte quelle del Magistero Pontificio, relative
all’immacolata concezione della "Beatissima Vergine Maria" (DS 2803) e all’Assunzione della
"Immacolata Madre di Dio sempre Vergine" (DS 3903).
5. Anche se le definizioni del Magistero, ad eccezione del Concilio Lateranense del 649, voluto da
Papa Martino I, non precisano il senso dell’appellativo "vergine", è chiaro che tale termine viene
usato nel suo senso abituale: l’astensione volontaria dagli atti sessuali e la preservazione
dell’integrità corporale. In ogni caso l’integrità fisica è ritenuta essenziale alla verità di fede del
concepimento verginale di Gesù (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 496). La designazione di
Maria come "Santa, sempre Vergine, Immacolata" suscita l’attenzione sul legame fra santità e
verginità. Maria ha voluto una vita verginale, perché animata dal desiderio di dare tutto il suo cuore
a Dio. L’espressione usata nella definizione dell’Assunzione, "l’Immacolata Madre di Dio sempre
vergine" suggerisce anche la connessione fra la verginità e la maternità di Maria: due prerogative
miracolosamente unite nella generazione di Gesù, vero Dio e vero uomo. Così la verginità di Maria
è intimamente legata alla sua divina maternità e perfetta santità.

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