sabato 5 marzo 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

14. "LA MATERNITA’ VIENE DA DIO"

Mercoledì, 6 marzo 1996

1. La maternità è un dono di Dio. "Ho acquistato un uomo dal Signore" (Gn 4,1), esclama Eva dopo
aver partorito Caino, il suo primogenito. Con queste parole il libro della Genesi presenta la prima
maternità della storia dell’umanità come grazia e gioia che scaturiscono dalla bontà del Creatore.
2. Analogamente viene illustrata la nascita di Isacco, all’origine del popolo eletto. Ad Abramo,
privo di discendenza e ormai avanzato negli anni, Dio promette una posterità numerosa come le
stelle del cielo (cf. Gen 15,5). La promessa è accolta dal patriarca con la fede che dischiude
all’uomo il disegno di Dio: "Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia" (Gen
15,6). Tale promessa è confermata dalle parole pronunciate dal Signore in occasione del Patto
stabilito con Abramo: "Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli"
(Gen 17,4).
Eventi straordinari e misteriosi sottolineano come la maternità di Sara sia soprattutto
frutto della misericordia di Dio, che dona la vita al di là di ogni umana previsione: "Io la benedirò e
anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli nasceranno da lei" (Gen
17,15-16). La maternità è presentata come un dono decisivo del Signore: il patriarca e sua moglie
riceveranno un nome nuovo per significare l’inattesa e meravigliosa trasformazione che Dio opererà
nella loro vita.
3. La visita di tre misteriosi personaggi, nei quali i Padri della Chiesa hanno visto una
prefigurazione della Trinità, annuncia in modo più concreto ad Abramo il compimento della
promessa: "Il Signore apparve [ad Abramo] alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso
della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi
presso di lui" (Gen 18,1-2). Abramo obietta: "Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara
all’età di novanta anni potrà partorire?" (Gen 17,17; cf. Gen 18,11-13). L’ospite divino risponde:
"C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e
Sara avrà un figlio" (Gen 18,14; cf. Lc 1,37). Il racconto sottolinea l’effetto della visita divina che
rende feconda un’unione coniugale, rimasta fino a quel momento sterile. Credendo nella promessa,
Abramo diviene padre contro ogni speranza, e "padre nella fede" perché dalla sua fede "discende"
quella del popolo eletto.
4. La Bibbia riporta altri racconti di donne liberate dalla sterilità e allietate dal Signore col dono
della maternità. Si tratta di situazioni spesso angosciose, che l’intervento di Dio trasforma in
esperienze di gioia accogliendo la preghiera accorata di chi umanamente è senza speranza. Rachele,
ad esempio, "vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della
sorella Lia e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!". Giacobbe s’irritò contro di lei e
disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?" (Gen 30,1-2). Ma il
testo biblico aggiunge subito che "Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda.
Essa concepì e partorì un figlio" (Gen 30,22-23). Questo figlio, Giuseppe, svolgerà un ruolo molto
importante per Israele al momento della trasmigrazione in Egitto. In questo come in altri racconti,
sottolineando la condizione di sterilità iniziale della donna, la Bibbia intende porre in risalto il
carattere meraviglioso dell’intervento divino in questi casi particolari, ma lascia al tempo stesso
intendere la dimensione di gratuità insita in ogni maternità.
5. Analogo procedimento troviamo nel racconto della nascita di Sansone. La moglie di Manoach,
che non aveva mai potuto generare figli, riceve l’annuncio dall’angelo del Signore: "Ecco, tu sei
sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio" (Gdc 13,3). Il concepimento,
inatteso e prodigioso, annuncia le grandi cose che il Signore compirà per mezzo di Sansone. Nel
caso di Anna, la madre di Samuele, viene sottolineato il ruolo particolare della preghiera. Anna vive
l’umiliazione della sterilità, ma è animata da una grande fiducia in Dio, al quale si rivolge con
insistenza perché l’aiuti a superare quella prova. Un giorno, recatasi al Tempio, esprime un voto:
"Signore degli eserciti... se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio
maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita... " (1Sam 1,11). La sua preghiera
venne esaudita: "Il Signore si ricordò di lei", che "concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele"
(1Sam 1,19-20). Adempiendo il suo voto, Anna offrì suo figlio al Signore: "Per questo fanciullo ho
pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò anch’io lo do in cambio al
Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore" (1Sam 1,27-28). Dato da Dio ad
Anna e poi dato da Anna a Dio, il piccolo Samuele diventa un legame vivo di comunione tra Anna e
Dio. La nascita di Samuele è quindi esperienza di gioia e occasione di rendimento di grazie. Il
primo Libro di Samuele riporta un inno, detto il "Magnificat" di Anna, che sembra anticipare quello
di Maria: "Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio..." (1Sam 2,1).
La grazia della maternità concessa ad Anna da Dio per la sua incessante preghiera, provoca in lei
nuova generosità. La consacrazione di Samuele è la risposta riconoscente di una madre che,
ravvisando nel suo bambino il frutto della misericordia divina, ricambia il dono affidando quel
figlio tanto atteso al Signore.
6. Nel racconto delle maternità straordinarie che abbiamo rievocato, è facile scoprire il posto
importante che la Bibbia assegna alle madri nella missione dei figli. Nel caso di Samuele, Anna
svolge un ruolo determinante con la decisione di donarlo al Signore. Una funzione ugualmente
decisiva è svolta da un’altra madre, Rebecca, che procura l’eredità a Giacobbe (Gen 27). In
quell’intervento materno, descritto dalla Bibbia, si può leggere il segno di una elezione a strumento
del disegno sovrano di Dio. È Lui che sceglie il figlio più giovane, Giacobbe, come portatore della
benedizione e dell’eredità paterna, e quindi come pastore e guida del suo popolo. È Lui che con
decisione gratuita e sapiente fissa e regge il destino di ogni uomo (Sap 10,10-12). Il messaggio della
Bibbia sulla maternità rivela aspetti importanti e sempre attuali: ne mette in luce, infatti, la
dimensione di gratuità, che si manifesta soprattutto nel caso delle sterili, la particolare alleanza di
Dio con la donna e il legame speciale fra il destino della madre e quello del figlio. Al tempo stesso,
l’intervento di Dio che, in momenti importanti della storia del suo popolo, rende feconde alcune
donne sterili, prepara la fede nell’intervento di Dio che, nella pienezza dei tempi, renderà feconda
una Vergine per l’incarnazione del suo Figlio.

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