venerdì 18 marzo 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

16. "NOBILTA’ MORALE DELLA DONNA "

Mercoledì, 10 aprile 1996

1. L’Antico Testamento e la tradizione giudaica sono pieni di riconoscimenti per la nobiltà morale
della donna, che si manifesta soprattutto nell’atteggiamento di fiducia verso il Signore, nella
preghiera per ottenere il dono della maternità, nella supplica a Dio per la salvezza d’Israele dagli
assalti dei suoi nemici. Talora, come nel caso di Giuditta, queste qualità vengono celebrate
dall’intera comunità, divenendo oggetto di ammirazione per tutti. Accanto agli esempi luminosi
delle eroine bibliche, non mancano le testimonianze negative di alcune donne, quali Dalila, la
seduttrice che rovina l’attività profetica di Sansone (Gdc 16,4-21), le donne straniere che, nella
vecchiaia di Salomone, allontanano il cuore del re dal Signore e gli fanno venerare altri dei (1Re
11,1-8), Gezabele che stermina "tutti i profeti del Signore" (1Re 18,13) e fa uccidere Nabot per dare
la sua vigna ad Acab (1Re 21), la moglie di Giobbe che lo insulta nella sua sfortuna, spingendolo
alla ribellione (Gb 2,9). In questi casi, il comportamento della donna ricorda quello di Eva. La
prospettiva predominante nella Bibbia rimane però quella ispirata al Protovangelo che vede nella
donna l’alleata di Dio.
2. Infatti, se le donne straniere sono accusate di avere allontanato Salomone dal culto del vero Dio,
nel Libro di Rut ci viene proposta invece una figura molto nobile di donna straniera: Rut, la
Moabita, esempio di pietà per i parenti e di umiltà sincera e generosa. Condividendo la vita e la fede
di Israele, ella diventerà la bisnonna di Davide e l’antenata del Messia. Matteo, inserendola nella
genealogia di Gesù (Gb 1,5), ne fa un segno di universalismo e un annuncio della misericordia di
Dio che si estende a tutti gli uomini. Tra le antenate di Gesù, il primo evangelista ricorda anche
Tamar, Racab e la moglie di Uria, tre donne peccatrici, ma non perfide, annoverate tra le
progenitrici del Messia per proclamare la bontà divina più grande del peccato. Dio, mediante la sua
grazia, fa contribuire ai suoi disegni di salvezza la loro situazione matrimoniale irregolare,
preparando anche in questo modo il futuro. Un altro modello di umile dedizione, diverso da quello
di Rut, è rappresentato dalla figlia di Jefte, che accetta di pagare con la propria morte la vittoria del
padre sugli Ammoniti (Gdc 11,34-40). Piangendo il suo crudele destino, non si ribella, ma si
consegna alla morte in adempimento del voto sconsiderato fatto dal genitore nel contesto di costumi
ancora primitivi (cf. Ger 7,31; Mi 6,6-8).
3. La letteratura sapienziale, anche se spesso allude ai difetti della donna, vede in lei un tesoro
nascosto: "Chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna, ha ottenuto il favore del Signore" (Pr
18,22), dice il Libro dei Proverbi esprimendo apprezzamento convinto per la figura femminile,
prezioso dono del Signore. Alla fine dello stesso Libro, viene tracciato il ritratto della donna ideale
che, lungi dal rappresentare un modello irraggiungibile, costituisce una proposta concreta, nata
dall’esperienza di donne di grande valore: "Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore
alle perle è il suo valore..." (Pr 31,10). La letteratura sapienziale indica nella fedeltà della donna
all’alleanza divina il culmine delle sue possibilità e la fonte più grande di ammirazione. Infatti, se
talora può deludere, la donna supera tutte le attese quando il suo cuore è fedele a Dio: "Fallace è la
grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare" (Pr 31,30).
4. In tale contesto, il Libro dei Maccabei, nella vicenda della madre dei sette fratelli martirizzati
nella persecuzione di Antioco Epifane, ci presenta l’esempio più mirabile di nobiltà nella prova.
Dopo aver descritto la morte dei sette fratelli, l’autore sacro aggiunge: "La madre era soprattutto
ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché vedendo morire sette figli in un sol giorno,
sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di essi nella
lingua paterna, piena di nobili sentimenti, e sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio
virile", così esprimeva la sua speranza in una futura risurrezione: "Senza dubbio il creatore del
mondo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua
misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di
voi stessi" (2Mac 7,20-23). La madre, esortando il settimo figlio ad accettare di essere ucciso
piuttosto che trasgredire la legge divina, esprime la sua fede nell’opera di Dio che crea dal nulla
tutte le cose: "Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è e sappi che Dio
li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo
carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme
con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia" (2Mac 7,28-29). Si avvia, infine, anch’essa alla
morte cruenta, dopo aver subito sette volte il martirio del cuore, testimoniando una fede incrollabile,
una speranza senza limiti ed un coraggio eroico. In queste figure di donna, nelle quali si
manifestano le meraviglie della grazia divina, si intravvede Colei che sarà la donna più grande:
Maria, la Madre del Signore.

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