venerdì 29 aprile 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

22."IMMACOLATA: REDENTA PER PRESERVAZIONE"

Mercoledì, 5 giugno 1996

1. La dottrina della perfetta santità di Maria fin dal primo istante del suo concepimento ha trovato
qualche resistenza in Occidente, e ciò in considerazione delle affermazioni di san Paolo sul peccato
originale e sulla universalità del peccato, riprese ed esposte con particolare vigore da sant’Agostino.
Il grande dottore della Chiesa si rendeva senz’altro conto che la condizione di Maria, madre di un
Figlio completamente santo, esigeva una purezza totale ed una santità straordinaria. Per questo,
nella controversia con Pelagio, ribadiva che la santità di Maria costituisce un dono eccezionale di
grazia, ed affermava in proposito: "Facciamo eccezione per la Santa Vergine Maria, di cui, per
l’onore del Signore, voglio che in nessun modo si parli quando si tratta di peccati: non sappiamo
forse perché le è stata conferita una grazia più grande in vista di vincere completamente il peccato,
lei che ha meritato di concepire e di partorire Colui che manifestamente non ebbe alcun peccato?"
(De natura et gratia, 42). Agostino ribadì la perfetta santità di Maria e l’assenza in lei di ogni
peccato personale a motivo della eccelsa dignità di Madre del Signore. Egli tuttavia non riuscì a
cogliere come l’affermazione di una totale assenza di peccato al momento della concezione potesse
conciliarsi con la dottrina dell’universalità del peccato originale e della necessità della redenzione
per tutti i discendenti di Adamo. A tale conseguenza giunse, in seguito, l’intelligenza sempre più
penetrante della fede della Chiesa, chiarendo come Maria abbia beneficiato della grazia redentrice
di Cristo fin dal suo concepimento.
2. Nel secolo IX venne introdotta anche in Occidente la festa della Concezione di Maria, prima
nell’Italia meridionale, a Napoli, e poi in Inghilterra. Verso il 1128 un monaco di Canterbury,
Eadmero, scrivendo il primo trattato sull’Immacolata Concezione, lamentava che la relativa
celebrazione liturgica, gradita soprattutto a coloro "nei quali si trovava una pura semplicità e una
devozione più umile a Dio" (Tract. de conc. B.M.V., 1-2), era stata accantonata o soppressa.
Desiderando promuovere la restaurazione della festa, il pio monaco respinge l’obiezione di
sant’Agostino al privilegio dell’Immacolata Concezione, fondata sulla dottrina della trasmissione
del peccato originale nella generazione umana. Egli ricorre opportunamente all’immagine della
castagna "che è concepita, nutrita e formata sotto le spine, ma che tuttavia resta al riparo dalle loro
punture" (Tract., 10). Anche sotto le spine di una generazione che per sé dovrebbe trasmettere il
peccato originale, argomenta Eadmero, Maria è rimasta al riparo da ogni macchia, per esplicito
volere di Dio che "l’ha potuto, manifestamente, e l’ha voluto. Se dunque l’ha voluto, lo ha fatto"
(Ivi). Nonostante Eadmero, i grandi teologi del XIII secolo fecero ancora proprie le difficoltà di
sant’Agostino, così argomentando: la redenzione operata da Cristo non sarebbe universale se la
condizione di peccato non fosse comune a tutti gli esseri umani. E Maria, se non avesse contratto la
colpa originale, non avrebbe potuto essere riscattata. La redenzione consiste in effetti nel liberare
chi si trova nello stato di peccato.
3. Duns Scoto, al seguito di alcuni teologi del XII secolo, offrì la chiave per superare queste
obiezioni circa la dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria. Egli sostenne che Cristo, il
mediatore perfetto, ha esercitato proprio in Maria l’atto di mediazione più eccelso, preservandola
dal peccato originale. In tal modo egli introdusse nella teologia il concetto di redenzione
preservatrice, secondo cui Maria è stata redenta in modo ancor più mirabile: non per via di
liberazione dal peccato, ma per via di preservazione dal peccato. L’intuizione del beato Duns Scoto,
chiamato in seguito il "Dottore dell’Immacolata", ottenne, sin dall’inizio del XIV secolo, una buona
accoglienza da parte dei teologi, soprattutto francescani. Dopo l’approvazione da parte di Sisto IV,
nel 1477, della Messa della Concezione, tale dottrina fu sempre più accettata nelle scuole
teologiche. Tale provvidenziale sviluppo della liturgia e della dottrina preparò la definizione del
privilegio mariano da parte del Supremo Magistero. Questa avvenne solo dopo molti secoli, sotto la
spinta di una intuizione di fede fondamentale: la Madre di Cristo doveva essere perfettamente santa
sin dall’origine della sua vita.
4. A nessuno sfugge come l’affermazione dell’eccezionale privilegio concesso a Maria pone in
evidenza che l’azione redentrice di Cristo non solo libera, ma anche preserva dal peccato. Tale
dimensione di preservazione, che è totale in Maria, è presente nell’intervento redentivo attraverso il
quale Cristo, liberando dal peccato, dona all’uomo anche la grazia e la forza per vincerne l’influsso
nella sua esistenza. In tal modo il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria non offusca, ma
anzi contribuisce mirabilmente a mettere meglio in luce gli effetti della grazia redentiva di Cristo
nella natura umana. A Maria, prima redenta da Cristo, che ha avuto il privilegio di non essere
sottoposta neppure per un istante al potere del male e del peccato, guardano i cristiani, come al
perfetto modello ed all’icona di quella santità (cf. LG 65), che sono chiamati a raggiungere, con
l’aiuto della grazia del Signore, nella loro vita.

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