martedì 19 gennaio 2016

Affidamento 4. apri il cuore dei giovani



«Apri il cuore dei giovani alla chiamata del Signore
e fa’ che lo seguano con coraggio e fedeltà».
Dopo aver affidato a Maria la Chiesa, l’atto di affidamento ci invita a pregare per i giovani: la «parte di eredità» (Sal 15,5) che Dio affida in modo particolare alle nostre cure. Ricordandoli alla Vergine Madre, chiediamo subito per loro la cosa che più conta: che essi possano accogliere la chiamata di Dio e corrispondervi in pienezza, così come ha fatto Maria.
Don Bosco era fermamente convinto, lo scrive nelle sue Memorie, che «dalla scelta dello stato ordinariamente dipende l’eterna salvezza o l’eterna perdizione». Con un linguaggio un po’ distante dalla sensibilità contemporanea, il nostro Fondatore esprimeva una grande verità: ogni essere umano è chiamato, fin dal grembo materno, a collaborare in modo unico e personale con Dio per la salvezza del mondo (Ger 1,5). Per questo, il modo migliore per aiutare i giovani ad essere «felici nel tempo e nell’eternità», consiste proprio nell’accompagnarli nella scoperta della propria vocazione. Se tutti sono chiamati, il discernimento vocazionale non può essere un privilegio riservato ai bravi ragazzi. Certo, il cammino deve essere diverso per ognuno, poiché per ognuno sono diversi sia il punto di arrivo che il punto di partenza, ma, nonostante questo, ogni giovane ha il diritto di sentirsi dire che è amato da Dio in modo unico e personale e che, come ogni innamorato, Dio desidera essere ricambiato.
La strada ordinaria, su cui condurre i giovani ad incontrare il Signore che chiama, consiste nell’introdurli all’ascolto della Parola. Lo insegna la Chiesa, che, tradizionalmente, rappresenta Maria che riceve l’annuncio dell’Angelo mentre si trova in preghiera, immersa nella meditazione della Scrittura. Imparare a pregare con la Parola è anche il modo più sicuro per imparare, gradualmente, a riconoscere Dio che parla negli avvenimenti della vita. La fatica che possiamo incontrare nel proporre ai giovani questo cammino non deve farci dubitare del fatto che Egli desidera e attende questo impegno da noi. Più ci faremo esperte ascoltatrici della Parola, più saremo capaci di discernere, caso per caso, le modalità più adatte ad aprire alla preghiera il cuore dei giovani (cf R 25).
Su questo punto, le Costituzioni sono molto esigenti: la meditazione deve essere il «momento forte» del nostro dialogo quotidiano con Gesù «Parola di Verità e di Vita» (C 39). Per essere fedeli a questo incontro, è necessario avere il coraggio di lasciarsi spiazzare dalla Parola,  proprio come è capitato tante volte a Maria a causa delle parole e dei gesti di Gesù (Lc 2,48). La Parola di Dio è «dolce come il miele» (Ez 3,3), ma è anche tagliente come una «spada a doppio taglio» (Eb 4,12). Bisogna, inoltre, lasciarsi condurre dallo Spirito anche nel «deserto» (Os 2,16), imparando a sostenere e interpretare i momenti di aridità, senza cedere alla tentazione di sfuggire – sostituendolo con la lettura o con altre preghiere – alla fatica dell’incontro con la Parola.

Con l’aiuto dell’articolo 39 delle Costituzioni, verifichiamo l’autenticità del nostro amore alla Parola, nella consapevolezza che più cresciamo nella docilità ad essa, più saremo capaci di essere ausiliatrici dell’incontro tra Cristo e i giovani. 

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