sabato 30 gennaio 2016

Catechesi mariane di Giovanni Paolo II

9. "PRESENZA DI MARIA NEL CONCILIO VATICANO II"

Mercoledì, 13 dicembre 1995

1. Vorrei oggi soffermarmi a riflettere sulla particolare presenza della Madre della Chiesa in un
evento ecclesiale che è sicuramente il più importante del nostro secolo: il Concilio Ecumenico
Vaticano II, iniziato da Papa Giovanni XXIII, la mattina dell’11 ottobre 1962, e concluso da Paolo
VI, l’8 dicembre 1965. Una singolare intonazione mariana caratterizza in effetti l’Assise conciliare,
sin dalla sua indizione. Già nella Lettera Apostolica "Celebrandi Concilii Oecumenici", il mio
venerato predecessore, il Servo di Dio, Giovanni XXIII aveva raccomandato il ricorso alla potente
intercessione di Maria, "Madre della grazia e patrona celeste del Concilio" [11 aprile 1961, AAS 53
(1961) 242]. Successivamente, nel 1962, nella festa della Purificazione di Maria, Papa Giovanni
fissava l’apertura del Concilio all’11 ottobre, spiegando di aver scelto questa data in ricordo del
grande Concilio di Efeso, che, proprio in tale data, aveva proclamato Maria "Theotokos", Madre di
Dio [Motu proprio Concilium; AAS 54 (1962) 67-68]. Alla "Soccorritrice dei Cristiani,
Soccorritrice dei Vescovi" il Papa affidava poi, nel discorso di apertura, il Concilio stesso
implorando la sua materna assistenza per il felice compimento dei lavori conciliari [AAS 54 (1962)
795]. A Maria rivolgono espressamente il loro pensiero anche i Padri del Concilio che, nel
messaggio al mondo, all’apertura delle sessioni conciliari, affermano: "Noi, successori degli
Apostoli, tutti quanti uniti in preghiera con Maria, Madre di Gesù, formiamo un solo corpo
apostolico" (Acta Synodalia, I,I,254), ricollegandosi in tal modo, nella comunione con Maria, alla
Chiesa primitiva in attesa dello Spirito Santo (cfr. At 1,14).
2. Nella seconda sessione del Concilio fu proposto di introdurre la trattazione sulla beata Vergine
Maria nella Costituzione sulla Chiesa. Iniziativa che, anche se espressamente raccomandata dalla
Commissione teologica, suscitò diversità di pareri. Alcuni, considerandola insufficiente per
evidenziare la specialissima missione della Madre di Gesù nella Chiesa, sostenevano che solo un
documento separato avrebbe potuto esprimerne la dignità, la preminenza, l’eccezionale santità e il
ruolo singolare di Maria nella Redenzione operata dal Figlio. Ritenendo, inoltre, Maria in un certo
modo al di sopra della Chiesa, manifestavano il timore che la scelta di inserire la dottrina mariana
nella trattazione sulla Chiesa, non mettesse sufficientemente in evidenza i privilegi di Maria,
riducendo la sua funzione al livello degli altri membri della Chiesa (Acta Synodalia, II,III,338-342).
Altri, invece, si esprimevano in favore della proposta della Commissione teologica, mirante ad
inserire in un unico documento l’esposizione dottrinale su Maria e sulla Chiesa. Secondo questi
ultimi, tali realtà non potevano essere separate in un Concilio che, prefiggendosi la riscoperta della
identità e della missione del Popolo di Dio, doveva mostrarne la connessione intima con Colei che è
tipo ed esempio della Chiesa nella verginità e nella maternità. La Beata Vergine, infatti, nella sua
qualità di membro eminente della Comunità ecclesiale, occupa un posto speciale nella dottrina della
Chiesa. Inoltre, ponendo l’accento sul nesso fra Maria e la Chiesa, si rendeva più comprensibile ai
cristiani della Riforma la dottrina mariana proposta dal Concilio (Acta Synodalia, II,III,343-345). I
Padri conciliari, animati dal medesimo amore per Maria, tendevano così a privilegiare, esprimendo
posizioni dottrinali differenti, aspetti diversi della sua figura. Gli uni contemplavano Maria
principalmente nel suo rapporto a Cristo, gli altri la consideravano piuttosto in quanto membro della
Chiesa.
3. Dopo un confronto denso di dottrina e attento alla dignità della Madre di Dio ed alla sua
particolare presenza nella vita della Chiesa, si decise di inserire la trattazione mariana all’interno del
documento conciliare sulla Chiesa (cfr. AS II,III,627). Il nuovo schema sulla Beata Vergine,
elaborato per essere integrato nella Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, manifesta un reale
progresso dottrinale. L’accento posto sulla fede di Maria e una preoccupazione più sistematica di
fondare la dottrina mariana sulla Scrittura, costituiscono elementi significativi ed utili ad arricchire
la pietà e la considerazione del popolo cristiano per la benedetta Madre di Dio. Col passare del
tempo, inoltre, i pericoli di riduzionismo, paventati da alcuni Padri, si sono rivelati infondati: la
missione e i privilegi di Maria sono stati ampiamente riaffermati; la sua cooperazione al piano
divino di salvezza è stata posta in rilievo; l’armonia di tale cooperazione con l’unica mediazione di
Cristo è apparsa più evidente. Per la prima volta, inoltre, il Magistero conciliare proponeva alla
Chiesa una esposizione dottrinale sul ruolo di Maria nell’opera redentiva di Cristo e nella vita della
Chiesa. Dobbiamo, quindi, ritenere l’opzione dei Padri conciliari, rivelatasi molto feconda per il
successivo lavoro dottrinale, una decisione veramente provvidenziale.
4. Nel corso delle sessioni conciliari, emerse il voto di molti Padri di arricchire ulteriormente la
dottrina mariana con altre affermazioni sul ruolo di Maria nell’opera della salvezza. Il particolare
contesto in cui si svolse il dibattito mariologico del Vaticano II non permise l’accoglienza di tali
desideri, pur consistenti e diffusi, ma il complesso della elaborazione conciliare su Maria rimane
vigorosa ed equilibrata e gli stessi temi, non pienamente definiti, hanno ottenuto significativi spazi
nella trattazione complessiva. Così, le esitazioni di alcuni Padri dinanzi al titolo di Mediatrice non
hanno impedito al Concilio di usare una volta tale titolo, e di affermare in altri termini la funzione
mediatrice di Maria dal consenso all’annuncio dell’angelo alla maternità nell’ordine della grazia
(cfr. LG, 62). Inoltre, il Concilio afferma la sua cooperazione "in modo tutto speciale" all’opera che
restaura la vita soprannaturale delle anime (LG, 61). Infine, anche se evita di usare il titolo di
"Madre della Chiesa", il testo della "Lumen gentium" chiaramente sottolinea la venerazione della
Chiesa verso Maria come Madre amantissima. Dall’intera esposizione del Capitolo VIII della
Costituzione dogmatica sulla Chiesa, risulta chiaro che le cautele terminologiche non hanno
intralciato l’esposizione di una dottrina di fondo molto ricca e positiva, espressione della fede e
dell’amore per Colei che la Chiesa riconosce Madre e Modello della sua vita. D’altro canto, i
differenti punti di vista dei Padri, emersi nel corso del dibattito conciliare, si sono rivelati
provvidenziali, perché fondendosi in armonica composizione hanno offerto alla fede ed alla
devozione del Popolo cristiano una presentazione più completa ed equilibrata della mirabile identità
della Madre del Signore e del suo ruolo eccezionale nell’opera della redenzione.

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